Un dolce “regale”

«Voglia compiacersi spedire,
quale ordinazione di sua Maestà la Regina,
una scatola di torrone della S.V.»

Così scriveva la Marchesa di Villamarina, dama d’onore di S.M. la Regina Margherita di Savoia che nel 1892 indirizzava al torronificio Cardone di Bagnara, tutt’ora in attività, un’ordine per i deliziosi e croccanti dolciumi che pare non mancassero mai nei banchetti reali.

Qualche tempo prima, il 18 gennaio del 1889, Cavaliere d’Onore di Sua Maestà la Regina, il marchese di Villamarina, aveva segnato la consacrazione dell’attività di Cardone:

«Ho a suo tempo presentato a Sua Maestà la Regina le due eleganti cassette di confetture che, ricorrendo le Feste Natalizie e di Capo d’Anno, la S.V. Le offriva quale saggio dei prodotti della di Lei fabbrica.

La Graziosa Sovrana ha molto gradito il dono cortese nonché l’omaggio che Ella Le porgeva di devozione e di ossequio, e nel commettermi di esprimerle i Suoi ringraziamenti, mi diede insieme l’incarico di presentarle nel Real Nome il qui unito gioiello fregiato dell’Augusta Iniziale.

Nel compiere gli ordini di Sua Maestà le professo, Preg.mo Signore la mia distinta osservanza».

La spilla con l’iniziale di Margherita di Savoia donata da S.M. al torronaio Francesco Antonio Cardone

Al riconoscimento della Regina fa seguito il 12 maggio 1892 quello del Re

Umberto I, che conferisce al Cardone la facoltˆ di innalzare lo stemma reale

sulla sua fabbrica:

«S. M. IL RE UMBERTO I

Volendo dare al Signor Francesco Antonio Cardone, fabbricante di torroni in Bagnara Calabra, uno speciale pubblico contrassegno della Sua benevola protezione, ci ha ordinato di concedergli la facoltˆ di innalzare lo Stemma Reale sulla insegna della sua fabbrica.

Rilasciamo pertanto al predetto signor Cardone il presente Brevetto affinché consti dell’accennata Sovrana concessione a lui personale.

Dato a Roma li 12 maggio 1892. Il Ministro»

Nello stesso anno Francesco Antonio e figli vengono nominati fornitori esclusivi della Casa di S.A. il Principe Tommaso e la loro produzione riceve la medaglia d’oro all’Esposizione Generale Nazionale di Palermo.

Non solo teste coronate però. Anche Mia Martini, originaria di Bagnara, ogni qual volta tornava nella sua terra per Natale, si recava presso i torronifici per gustare “la cotta”, la massa ancora informe di miele e mandorle appena tolta dalla caldaia ricca di profumi sprigionati dal miele e dalle spezie.

Gustoso, croccante e speziato

Unico, insieme a quello di Alicante, a meritare di essere tutelato dall’Unione Europea, il Torrone di Bagnara è senz’altro uno dei prodotti della tradizione dolciaria calabrese più apprezzati nel mondo.

Due sono le specialità I.G.P., la prima denominata “Martiniana” fatta di mandorle tostate e zucchero e con una copertura anch’essa di zucchero e la seconda denominata “Torrefatto Glassato” fatta di mandorle tostate e miele e con una fine copertura di glassa al cacao spennellata a mano, la cosiddetta “naspratura”.

Assaporandola al primo morso la pasta appare friabile e croccante per effetto della giusta tostatura delle mandorle e dell’alta temperatura alla quale è stata sottoposta la massa zuccherina. Al palato la dolcezza dell’impasto è bilanciata dal sapore delle mandorle tostate e da una netta sensazione di brulè, grazie alla caramellizzazione del miele, con un leggero retrogusto speziato che, nella versione “Torrefatto glassato”, ingloba anche la percezione di cacao amaro e cannella.

Mandorle tostate siciliane non pelate, miele d’agrumi, zucchero e tanta passione rendono il torrone di Bagnara un prodotto non comune. Il suo colore marrone scuro, detto a “manto di monaco”, ne rivela la tipicità produttiva, perché è tale attraverso l’adozione di un peculiare sistema di cottura durante il quale una temperatura molto elevata (1800/200°) viene monitorata con abilità artigianale per un tempo particolarmente lungo, anche 6 ore, fino al momento delicato in cui l’amalgama assume appunto quel caratteristico colore marrone ed una consistenza vitrea simile all’ambra con screpolature diffuse, la cosiddetta “rottura vitrea”.

Tale procedura “a fuoco diretto” non si riscontra nella produzione di altri torroni, i quali sono lavorati a temperature controllate elettronicamente e molto più basse.

Questo sfuggente equilibrio nel cuocere la miscela senza mai oltrepassare quel limite che la renderebbe inutilizzabile rivela particolari abilità e una lunga esperienza maturata da più generazioni di torronai.

Consorzio dei produttori del Torrone di Bagnara IGP